giovedì 17 maggio 2012

Educazione ...


Disciplinamento e repressione
 

Ogni uomo è ciò che viene educato a essere. La coscienza degli individui è infatti in principio una massa informe e malleabile, che assume una forma definita durante i primi dieci anni di vita, e giunge a solidificarsi una volta trascorsi i venti anni di età. Precisamente, l'educazione edifica all'interno della mente umana la coscienza morale. La coscienza morale è l'unico aspetto propriamente artificiale della psiche, in quanto è prodotta dall'uomo e non deriva necessariamente dalla natura intrinseca o dalla realtà esteriore. L'educazione è, in questo senso, un fatto politico, o meglio, bio-politico.
L'educazione che forma le coscienze degli individui occidentali è marcata a fuoco da due dottrine fondamentali, ovverosia il Cristianesimo e il Capitalismo, la cui azione congiunta genera l'uomo borghese. A tale tipologia di uomo appartengono la stragrande maggioranza delle persone e, precisamente, coloro che fanno parte della cosiddetta "classe media", categoria trasversale ormai slegata dalle distinzioni di mestiere e di censo, che ha colonizzato la quasi totalità dei cittadini appartenenti alla società civile. 
L'effetto principale dell'educazione cristiana è la repressione dei desideri "carnali" procedenti dall'istinto. L'istinto, che nell'uomo diviene desiderio, è la voce della natura, ma la natura è male, giacché porta l'uomo alla perdizione. Peccato e desiderio si equivalgono, e viene così sancita l'interdizione dell'appagamento. Se è vero che un animo appagato è un animo sereno (e tale verità è empiricamente provabile), allora quel che viene proibita è la vita serena, che coincide con il benessere, mentre, invece, viene valorizzata la vita ascetica e rinunciataria, segnata dal sacrificio e dall'afflizione che consegue al sacrificio. Il risultato di tutto ciò è la coscienza inibita, la quale è coscienza infelice perché incapace di vivere il piacere carnale. 
L'effetto principale dell'educazione capitalistica è la repressione dei desideri "spirituali" procedenti dalla ragione, la quale sublima l'energia dei desideri carnali indirizzandola verso oggetti e scopi di altro livello. La ragione è la voce del pensiero, ma il pensiero è male, giacché si presenta come astrazione, forma puramente teoretica, quindi materialmente inutile e inefficace. Si ha allora, anche in questo ambito, l'interdizione dell'appagamento, della serenità, del benessere in genere, e un obbligo a scegliere esclusivamente le cose utili ed efficaci, che sono però inessenziali. Il risultato di tutto ciò è la coscienza calcolatrice, la quale è, anch'essa, coscienza infelice perché incapace di abbandonarsi al piacere spirituale. 
Paradossalmente, i principi del Capitalismo rinnegano quelli del Cristianesimo, e il Cristianesimo, nell'era del Capitalismo, sopravvive soltanto come uno spettro atavico (soprattutto all'interno della psiche femminile). Anche la pratica religiosa e il desiderio di Dio sono infatti catalogati tra le cose inutili e inefficaci, e ciò significa che l'uomo borghese ha allentato le corde che tenevano legata la sua mano, ma ha perduto, inoltre, ciò che di buono v'era nella dedizione ai valori ultraterreni, ossia l'anelito spirituale. 
Rifondare l'educazione in favore del desiderio deve essere l'obiettivo di ogni (bio)politica che voglia, in futuro, generare un esemplare di uomo più sano, che sia, dunque, coscientemente felice.