martedì 14 gennaio 2014

Riconoscimento ...


Razzismo etnico o etnismo razzista


L'odierno razzismo si contraddistingue per un'attenzione posta sugli elementi culturali più che su quelli naturali. Fermo restando il fondamento biologico della diffidenza e del timore nei confronti del diverso, inteso innanzitutto come diverso d'aspetto, ovverosia avente caratteristiche fisiologiche altre dalle nostre, si sono giustapposte, in epoca recente, una diffidenza e un timore verso la diversità spirituale, e cioè verso i valori, le tradizioni e le concezioni dissimili, nei quali noi non ci rispecchiamo e che, a partire dal nostro universo educativo, fatichiamo a comprendere (e spesso nemmeno ci impegniamo a conoscere). Se fino alla metà del secolo, quindi, era in auge l'idea di razza, legata appunto alla classificazione delle qualità fisiche ed esteriori, oggi sembra essere in voga, piuttosto, l'idea di etnia, che riguarda, di contro, le qualità psichiche e interiori. 
Il razzismo odierno, insomma, si delinea come razzismo etnico, o etnismo razzista. In pochi oramai credono, fortunatamente, nella presenza di proprietà genetiche che rendano un tipo umano inferiore o superiore rispetto ad un altro avente proprietà genetiche differenti, e nondimeno si crede che vi siano delle culture inferiori e superiori, e quindi dei portatori di cultura inferiori e superiori. Ad esempio, sembra essere appurata, su basi perlomeno precarie, all'interno dell'opinione pubblica occidentale, sia essa alta - la comunità intellettuale, le persone colte - oppure bassa - l'umanità media, la gente semplice -, una presunta superiorità artistica, scientifica, filosofica, politica, religiosa e morale delle popolazioni d'Occidente sopra a quelle d'Oriente e soprattutto Medio Oriente, ma anche delle popolazioni nordiche su quelle sudiste, come se le società del Nord-Ovest possedessero un più alto grado di civiltà in confronto a quelle del Sud-Est del mondo. Ma la stessa cosa può dirsi delle società da noi ritenute inferiori, le quali solitamente reputano sé stesse superiori, per purezza o sviluppo, alle altre.
Si tratta evidentemente di forme di narcisismo. Ma la verità è che nessuna società, e nessun uomo, può dirsi in toto superiore o inferiore rispetto ad un'altra e ad un altro. Vi saranno sempre, quale che sia la comparazione, determinati fattori di superiorità al fianco di altrettanto determinati fattori di inferiorità a convivere insieme in uno stesso giudizio, a patto che questo sia accurato e scrupoloso. Capire ciò, e accettare (non tollerare, giacché la tolleranza implica un rifiuto e una mera sopportazione di ciò che risulta non ancora accolto) ogni diversità avvicinando il proprio sguardo a essa e imparando ad apprezzarne le componenti migliori, è nient'altro che una questione di intelligenza. Ebbene, la politica degli Stati deve prenderne atto e agire di conseguenza, all'interno come pure all'esterno dei propri confini, particolarmente in un'era in cui la globalizzazione costringe alla convivenza tra uomini e tra culture eterogenei, il che implica la necessità dell'integrazione e dell'assimilazione. 
  

Zoologia ...


Dimostrazione dell'insussistenza della razza e conseguente infondatezza del razzismo


Il concetto volgare di razza ha origine da un fraintendimento della scienza biologica in relazione allo studio del regno animale. La comprensione ordinaria crede che sussista - accanto alle determinazioni tassonomiche di dominio, regno, divisione, classe, ordine, famiglia, genere, specie e varietà - la determinazione di razza in quanto appartenenza a un raggruppamento di individui affini definito da identificabili caratteristiche fisiologiche omogenee ereditarie. In verità però tale determinazione non è riscontrabile né tra gli esseri animali né tantomeno tra gli esseri umani, o, più precisamente, nell'ambito delle categorie biologiche sunnominate rientrano tutte le tipologie di esseri osservabili all'interno della mondanità empirica e perciò il termine "razza" si mostra perlopiù come obsoleto.
Quando invece si parla di razze canine, feline ed equine non ci si riferisce a individui selvatici aventi qualità comuni, generatisi spontaneamente dal seno della Natura e sviluppatisi mediante processo evolutivo, bensì a individui addomesticati prodotti artificialmente attraverso incroci mirati e passati attraverso una intenzionale selezione umana allo scopo di far sorgere, preservare, migliorare certe caratteristiche reputate utili piuttosto che altre considerate inutili alle esigenze dell'uomo. In breve, è l'essere umano stesso a creare la razza (non soltanto il concetto astratto, ma anche il corrispettivo concreto), la quale non si dà nella realtà. 
Se ciò è vero allora risulta destituito il fondamento stesso del razzismo, ovvero della discriminazione razziale nei confronti di alcuni esemplari umani (peraltro scelti in maniera pressoché arbitraria e pregiudizievole), motivo ideologico malsano eppure, ahimé, ancora diffuso. Se infatti non sussiste razza alcuna all'interno del regno animale, non sussisterà nemmeno, e a maggior ragione, all'interno di quella specie, o regno a sé stante se così lo si vuol definire non a torto, che è la specie umana. Come potrebbero infatti presentarsi razze umane se non vi è e non vi può essere nessuno - giacché effettivamente non si dà un superiore organismo vivente - a produrle intenzionalmente?
La storia, millenaria, ha provveduto alla mescolanza delle innumerevoli varietà di uomo e gli uomini non hanno domandato che razza avessero di fronte a sé per decidere dell'accoppiamento e della procreazione. Dunque non esistono tipi umani incontaminati e popolazioni pure, ma tutti i tipi e le popolazioni hanno inevitabilmente subìto la combinazione e l'amalgama dei patrimoni genetici iniziali per dar luogo a infinite mutazioni e, pertanto, a infinite forme, che non cessano continuamente di innovarsi, anche in relazione all'ambiente, ed è codesto un processo irreversibile, inarrestabile ed essenziale al progredimento della specie umana medesima, altrimenti condannata alla stasi evolutiva e al ristagno della propria potenza. 

Identità ...


(Forma metrica: verso dispari)


L'umanità (al di là di razza ed etnia)


Oh uomo, donami una razza
che sia negra, araba o slava;
sia caucasica oppure
 mongola, begli occhi di mandorla.
Ma sia pure amerinda
rossa epidermide
o latina, mediterranea stirpe;
sia delle genti
del Nord, bionda chioma dorata
sia quale sia.
Donami uomo una dimora
sicura in cui abitare, e una famiglia copiosa
tra cui sentirmi a casa:
abbia io padri, e fratelli numerosi
'ché solitudine non voglio e posso
sopportare, enorme giogo.

Ma donami anche
splendida etnia
cultura grande in cui specchiar la mia natura
mutevole (al suo ambiente essa
placida si adatta, l'eredità e le forme
variando, i caratteri
e il variopinto aspetto);
donami lingua comune e miti sontuosi
patrimonio di concetti e di dèi:
che a pensar mi insegnino, e ad agire
edificando ampia visione
e comprensione vasta
delle cose che sono
mediante quelle che invece non sono
lungo dito che indirizza lo sguardo verso lidi
ch'io solo vedo.

Oppure, uomo che generi razze
ed etnie, lascia parlare
l'umanità, sostrato
imponente di corpo anima e spirito;
lascia che dica
essa parole sagge 
e sapienti: eguali invero noi siam tutti
al di là delle distinzioni
unico popolo
e universale nazione che anela 
a unico e universale Stato.