domenica 7 aprile 2013

Terrore ...


Terrorismo e conflitti del nostro tempo


L'antagonismo tra Occidente e Medio Oriente ha come prodotto principale quella forma estrema di azione che è il terrorismo islamico. Nato come reazione locale, di stampo prettamente nazionalistico, all'invasione sovietica dell'Afghanistan, il fenomeno delle organizzazioni terroristiche, in principio appoggiate e sostenute dallo stesso Occidente in funzione, appunto, anti-sovietica - era infatti in atto la cosiddetta guerra fredda tra le due super-potenze U.S.A. e U.R.S.S. - si è sempre più ampliato fino ad assumere carattere internazionale. Il culmine di questo processo furono gli attentati terroristici che investirono le Torri Gemelle di New York e il Pentagono nel 2001, i quali delinearono definitivamente il terrorismo come lotta globale. Con la caduta della Russia comunista dunque non sono cessate le operazioni dei gruppi fondamentalisti: perché questo? La risposta è sotto agli occhi di ognuno: non sono mai cessate le politiche neo-colonialiste miranti al dominio dei territori tra Europa e Asia, bensì semplicemente si è avuto una sorta di passaggio di consegne in favore della NATO, che trovò, a un certo momento, spianata la strada agli interventi militari nella regione, frutto di evidenti interessi economici e strategici (sebbene mascherati da libertarismo e umanitarismo). La prima guerra del Golfo, che fu anche in assoluto la prima guerra mediatica, si pone come evento paradigmatico in tal senso.
Il terrorismo è dunque essenzialmente un movimento radicale di resistenza, un movimento partigiano macchiato di odio nei confronti dei paesi occidentali e filo-occidentali colpevoli, con le loro continue e deleterie ingerenze, di tenere un atteggiamento invadente e oppressivo nei confronti delle popolazioni musulmane; pertanto, un movimento politico innanzitutto e solo in secondo luogo un movimento religioso. L'esperienza e la storia mostrano come l'influenza straniera in quei luoghi non abbia fatto altro che portare guerra, disordine e povertà impedendo qualsiasi tentativo di sviluppo; è qui e non altrove che il fondamentalismo islamico ha la sua matrice. Occorre quindi invertire il consueto rapporto di causa ed effetto nella percezione che ordinariamente abbiamo del problema: non è il fondamentalismo a sorgere dal nulla e a costringere l'Occidente ad agire contro di esso con violenza, quanto piuttosto l'azione violenta e illegittima dell'Occidente a generare e nutrire il fondamentalismo, nonché a giustificarlo nella sua azione distruttiva. Solo nel momento in cui gli Stati cristiani (e, non si dimentichi, lo Stato ebraico, con la sua politica di aggressione ai danni dei palestinesi) si pongono di fatto come nemici dell'Islam, agendo come tali, gli islamici cominciano a considerarli "infedeli"; solo nel momento in cui quelli iniziano a inneggiare alla guerra giusta, ponendo in atto le loro "missioni di pace", questi in risposta, e a difesa della propria integrità di popolo - non a caso un altro termine che li definisce è quello di integralisti - proclamano la guerra santa. Se ciò è vero allora l'unica soluzione al terrorismo non può che essere la totale e immediata cessazione di ogni ostilità verso i paesi musulmani, e la fine dell'intromissione straniera all'interno delle loro questioni, dimodoché le tendenze estremiste in breve tempo finirebbero per perdere interamente il consenso che ora possiedono, in quanto il fondamentalismo non avrebbe più alcun motivo per sussistere.

Spontaneità ...


Significato dell'agire e del non-agire


Vi è l'agire e vi è il non-agire. Agire è compiere un atto, ma non-agire non è restare inattivi.  
Nel momento in cui l'uomo agisce, egli non fa che irrompere all'interno di una situazione che prima non lo riguardava essendo a lui esterna, o lo riguardava solo passivamente, e così modificarla e piegarla al proprio volere: si ha qui una forzatura del tessuto mondano ed esistenziale, e perciò tale operare si mostra come un operare artificioso, propriamente d'opposizione rispetto agli enti e agli esseri. 
Colui che invece non-agisce non si rinchiude nell'immobilità: non-agire è in definitiva un agire senza agire, un influire sulle situazioni senza però a esse fare violenza, un evitare di volgere gli avvenimenti a proprio favore in maniera coatta. L'uomo che agisce senza agire accompagna le circostanze nel loro cammino e non per questo rimane inerte, giacché egli si muove seguendo il corso naturale delle cose, perfettamente inserito nel proprio contesto di vita.
La pratica del non-agire è un abbandonarsi, un lasciarsi andare pienamente al flusso degli eventi. Questo sciogliersi e fluidificarsi, questo sradicarsi e allentare le redini presuppongono una completa accettazione di ciò che è così come esso è, e quindi un'affermazione radicale di tutto quel che accade. Codesto atteggiamento non è adottato solamente nei confronti del mondo fuoristante, bensì anche e soprattutto nei confronti del mondo interiore: non-agire significa agire esclusivamente in conformità alla propria natura, ovvero agire spontaneamente, e solo in tal caso l'azione risulterà essere tanto leggera, tanto lieve da sembrare che nessuna azione sia stata in realtà compiuta. Non-agire è pertanto agire con naturalezza, e al contempo agire in accordo agli enti e agli esseri e al loro andamento. 

Si può allora affermare che l'agire è il comportamento proprio di chi lotta contro sé stesso e di chi lotta contro il mondo, e il non-agire, viceversa, il comportamento proprio di chi è in pace con sé stesso e con il mondo; il primo si presenta pertanto come la vocazione degli infelici, mentre il secondo, piuttosto, come il destino dei felici. 
 

Abbandono ...


(Forma metrica: ode anacreontica)


Wu wei


La pietra trasportata
dal fluire dell'acque
fiumane, allor giacque
immobile quel dì

quando morta la vidi;
ed ora corre invece
'ché viva essa si fece
cadendo giù di lì.

Era infatti sui monti
ma giunta è ormai alla foce
del mare, 'sì veloce
la meta conseguì!

In egual modo l'uomo
agir può non agendo
 sincero proferendo
all'Essere il suo sì.