giovedì 20 giugno 2013

Paradigma ...


Destra e sinistra oggi


Dinanzi alla frequente insinuazione per cui non vi sarebbero più, oggi, né destra né sinistra in ambito politico; di fronte al crescente qualunquismo dell'opinione pubblica, la quale percepisce gli atti dello Stato come neutri, o meglio semplicemente quali volti al bene dei cittadini e della nazione oppure, al contrario, quali volti al loro male - come se non esistessero idee storiche di base su cui questi atti si fondano e istituiscono - occorre indicare quali siano, nell'era contemporanea, le posizioni di destra e quali invece quelle di sinistra in senso globale. Dichiararsi infatti di destra o di sinistra, oppure militare in un partito che si dichiari di destra o di sinistra, non è sufficiente a porre la distinzione, distinzione che in tal caso risulterebbe essere meramente nominale e non essenziale.
Si ritrovano innanzitutto i cosiddetti estremismi, che si incarnano, da un lato, nel neo-fascismo/neo-nazismo e simili, e, dall'altro, nel neo-comunismo/neo-anarchismo e formazioni analoghe. Quel che codeste formazioni possiedono in comune è il fatto di essere anti-capitaliste, laddove il capitalismo (nella sua forma rinnovata di neo-capitalismo), si mostra quale paradigma dominante della nostra epoca. Il loro vizio, anch'esso comune, è l'assenza di una visione alternativa concreta e plausibile del potere, e il loro essere perciò volti alla mera distruzione dei sistemi economico-politici esistenti, nella mancanza di una pars construens adeguata.
Di contro a ciò vi sono poi i ben più realistici, e quindi maggioritari, schieramenti moderati, cioè i gruppi, entrambi compresi all'interno del paradigma dominante suddetto, neo-liberista/monetarista e neo-keynesiano/socialista. Non è un caso che si tratti di raggruppamenti ideologici di stampo economico innanzitutto: nel nostro tempo infatti la categoria politica si è vista surclassata, in rilevanza, dalla categoria economica, e pertanto è l'economia a presentarsi come egemone e, di conseguenza, a determinare la politica, e non viceversa, come fu in un passato neanche troppo lontano.
Nella mancanza di concretezza dei primi due termini presentati (di cui il secondo risulta comunque immensamente utile nell'individuare, da una prospettiva esterna, le storture sociali altrimenti non individuabili e nel contribuire con forza al loro raddrizzamento mediante lotta di classe), la destra e la sinistra coincidono propriamente, e rispettivamente, con il movimento neo-liberista e monetarista, e con quello neo-keynesiano e socialista. Si ha poi l'eccezione nordica, ovvero la via di mezzo tra le due opposte configurazioni precedenti.
La destra neo-liberista e monetarista è la via prevalente in Nord-America, Europa e Giappone, ed ha come suoi principi la proprietà privata, lo Stato minimo, la deregulation, la sorveglianza sul debito pubblico e sull'inflazione. Ciò vuol dire: economia in mano ai privati, non-interferenza del settore pubblico, politiche di limitazione e di controllo dell'offerta di moneta. Suo vizio: una visione elitaria e ipocrita del potere.
La sinistra neo-keynesiana e socialista è la via prevalente nell'area dei B.R.I.C.S. (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ovverosia dei paesi emergenti, ed ha come principi cardine la proprietà pubblica, lo statalismo, la regolamentazione del mercato, gli investimenti produttivi. Il che significa: economia in mano allo Stato, settore pubblico dominante, politiche monetarie espansive. Suo vizio: una visione autoritaria e dispotica del potere.
Si hanno dunque due modi diversi di intendere il libero mercato e la concorrenza, i quali restano gli elementi essenziali del paradigma capitalistico, assieme all'export quale sorgente primaria di ricchezza.
L'eccezione nordica, così definita in quanto via prevalente nei paesi scandinavi: Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca, si presenta infine come un socialismo liberale, laddove principi sono, da un lato, la proprietà privata e la deregolamentazione; dall'altro, lo statalismo - soprattutto per quanto riguarda il Welfare - e gli investimenti produttivi. In definitiva una mediazione virtuosa di cultura Nord-Occidentale e cultura Sud-Orientale, di destra e sinistra nelle loro espressioni migliori.

Non vi è altra via percorribile oltre queste tre, e occorre pertanto schierarsi da una parte o dall'altra.  

Costanti ...


Categorizzazione degli schieramenti politici nell'invarianza delle loro manifestazioni storiche


Storicamente, per quanto riguarda gli schieramenti politici, vi sono sempre una destra e una sinistra all'interno di ogni società umana - non soltanto in quelle società che adottano il sistema partitico - le quali poi si suddividono a loro volta ognuna in una formazione radicale e una invece moderata. La distinzione è data dalla natura delle idee animanti i movimenti in questione.
La destra radicale è reazionaria, ovvero il suo scopo è quello di ripristinare uno stato di cose precedente, andato oramai perduto. Essa è dunque essenzialmente una formazione anacronistica, e il suo perno, in quanto destra estrema, è la violenza, giacché solamente mediante violenza si può sperare di ricostituire ciò che di fatto non si dà più in quanto struttura superata dal trascorrere del tempo e dall'evolvere delle organizzazioni pubbliche.
La destra moderata è conservatrice, ovvero suo fine ultimo è il mantenimento dello stato di cose vigente. Lo strumento per la salvaguardia dell'assetto attuale, che si dà nel presente, è la riforma, intesa come svolgimento e approfondimento di ciò che già è, espansione di tale assetto in ogni angolo dell'esistente, anche laddove non sia ancora giunto a compimento, sino a che esso non pervada interamente la struttura sociale. 
Di contro a codeste formazioni ideologiche vi sono movimenti opposti e speculari, che si contendono con le precedenti il dominio dello Stato in un dato periodo e luogo.
La sinistra moderata è progressista, ovvero il suo fine è il mutamento dello stato di cose vigente, essendo tale mutamento inteso come scardinamento e miglioramento della struttura sociale. Anche qui si ha la riforma quale strumento privilegiato d'azione, in vista però di un superamento di ciò che si dà nel presente, in una prospettiva innovativa e sperimentale, ricercante il nuovo (a costo di affrontare un rischio di peggioramento e di fallimento) e volta dunque al futuro. 
La sinistra radicale è rivoluzionaria, ovvero suo scopo dichiarato è abbattere la forma vigente per poi riedificare dalle fondamenta una forma altra che si presuppone ottima e pertanto preferibile rispetto alla precedente, concepita all'inverso come pessima. Qui pure la violenza risulta necessaria: preliminare alla creazione è infatti la distruzione. Una tale visione è, per essenza, utopica, in quanto muove verso qualcosa che, in determinate condizioni, ancora non si è mai dato, se non nell'immaginazione del rivoluzionario. 
Assieme a queste formazioni possono inoltre presentarsi schieramenti che si definiscono di centro, ma che in realtà risultano essere indissolubilmente legati all'una o all'altra fazione. 
Non importa, infine, chi sia, alternativamente, a dominare le istituzioni: sia le formazioni di destra, sia quelle di sinistra, mediante le idee di cui sono portatrici - le quali si declinano in un modo o nell'altro a seconda dell'epoca di riferimento e delle configurazioni politiche in essa sussistenti - influenzano inevitabilmente la cultura in cui si trovano ad agire, seminando germi di sé nel tessuto sociale, pronti a germogliare quando se ne diano le condizioni. 
  

Fazioni ...


(Forma metrica: verso di quindici sillabe)


La Regola mediatrice


Ottimati e Popolari si fronteggiano ostili
e incolmabile è in verità la lontananza loro;
simili a particelle d'opposta carica, mai
s'uniscono, se non sottoposti a forza maggiore.
Necessità è delle idee la disuguaglianza estrema
la Politica ne vive, e tale è la sua legge:
che v'è una Destra e una Sinistra in ogni società
e nient'altro che la scissura è fondamento certo
dello Stato e del suo procedere spedito. Dico:
 da un lato e dall'altro si mostran valori, intrisi
di senso, e come pendolo oscilla ciò ch'è stabile
tracciati irregolari eternamente disegnando
inquieto, a generar la Regola mediatrice.