venerdì 9 novembre 2012

Rinascita ...


Immoralità contemporanea e recupero dell'etica antica


Mai come oggi si mostra come urgente una rifondazione etica nell'ambito sociale, e tale esigenza si intravede a tutti i livelli: nelle istituzioni politiche, economiche, religiose, giuridiche, eccetera. Eppure un'iniziativa del genere non può che venire dall'alto, in un movimento che procede dagli educatori agli educati, dai maestri agli allievi. La coscienza dell'individuo si trova infatti ad essere inevitabilmente plasmata dalla comunità circostante, cosicché una comunità immorale genererà necessariamente nel suo grembo un individuo immorale, il quale, insieme agli altri individui, andrà poi a formare il corpo collettivo corrompendolo a sua volta, in un circolo vizioso inarrestabile. La società odierna non è che l'esemplificazione di codesto processo, laddove in ogni mestiere, da quello di imprenditore o di banchiere a quello di avvocato o di governante, da quello di operaio o di impiegato a quello di artigiano o di contadino, e poi in quello di medico, di giornalista, e così via, si mostra evidente la tendenza a perseguire esclusivamente il proprio vantaggio privato, non curandosi minimamente di armonizzarlo con il vantaggio privato altrui, come se non vivessimo in un raggruppamento ordinato, il cui principio fondamentale è il rispetto vicendevole e la cooperazione di tutti all'insieme generale, quanto piuttosto in un novello "stato di natura" in cui viga un'aspra competizione dei singoli, in una gara a calpestare i diritti dell'altro per non dover subire noi stessi la medesima sorte. Dov'è mai, allora, quella sicurezza che deriva dal quieto vivere e che ciascun uomo certamente auspica, se ognuno opera, chi per scelta intenzionale (ovverosia costretto da agenti interni), chi senza intenzione (perché costretto, invece, da agenti esterni), in direzione del sopruso e della sopraffazione? Ristabilire una sana convivenza: questo si delinea come uno dei compiti della politica contemporanea. 
Sana convivenza è una convivenza in cui il conflitto, pur presente, non intacca il benessere dell'esistenza altrui. Ciò può darsi solamente ponendo solide basi sulle quali edificare l'armonia sociale, oggi perduta a causa della compiuta demolizione della morale cristiana, la quale, mediante le sue massime condivise ("ama il prossimo tuo come te stesso"; "non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te"), assicurava, in Occidente, un controllo civico sulle coscienze, tenendo a bada l'insorgenza di eventuali istinti aggressivi antisociali. Se tale morale è oramai impotente, a seguito dei processi di secolarizzazione, ecco che lo Stato, fosse anche corrotto, deve farsi carico dell'imposizione di un'etica laica, che si fondi, alla maniera dell'etica greco-romana, sull'equivalenza tra virtù, intesa come atto buono e giusto, e felicità, intesa come condizione di appagamento interiore, e deve farlo mediante tutti i mezzi coercitivi a sua disposizione, a partire dal martellamento mediaco e dall'istruzione dei giovani; non vi è altra soluzione per estirpare l'egoismo insano, se non questa. Dopo che ciò sia avvenuto, la società tornerà a nutrire generazioni di individui puri, capaci cioè di discernere il bene dal male (non esclusivamente il proprio bene, ma anche e soprattutto il bene collettivo) a partire da principi morali razionali: essi giungeranno infine a comporre una comunità altrettanto pura, bloccando e invertendo quel circolo vizioso che è uno dei più grandi mali del nostro tempo.