giovedì 3 ottobre 2013

Costi ...


Teorie dell'inflazione: una sintesi


Vi è molta incertezza, all'interno della scienza economica, riguardo al fenomeno dell'inflazione e alla sua interpretazione. Si ha in effetti difficoltà a scorgere una teoria adeguata, avente pieno riscontro nell'oggettività dei fatti, e che ponga in accordo le opposte fazioni. Il motivo di ciò è presto detto: l'inflazione è un caso sociale estremamente complesso, che come tale si sottrae alle spiegazioni unilaterali, sin troppo semplicistiche.
Innanzitutto va data una definizione del termine: in economia si dice "inflazione" l'aumento complessivo del livello medio generale dei prezzi, o la diminuzione progressiva del potere d'acquisto della moneta. Tale definizione è condivisa da tutte le scuole economiche, le quali però si dividono su quelle che dovrebbero essere le cause del fenomeno. Per i cosiddetti monetaristi, seguaci dell'economista e premio Nobel Milton Friedman, l'inflazione risulta essere causata da un aumento eccessivo della quantità di moneta circolante a fronte di una penuria di merci prodotte. Codesta spiegazione, che è fondamentale ma non tiene conto di tutte le sfacettature del caso, è divenuta oggi, nella volgarizzazione del senso comune, ancor più ristretta: l'inflazione si genererebbe automaticamente come effetto dell'immissione di moneta nella circolazione. Diverso il parere dei keynesiani, aventi come maestro e ispiratore l'economista John Maynard Keynes: per essi l'inflazione nasce da un eccesso della domanda globale sull'offerta globale, a prescindere dalla quantità di moneta immessa nel sistema. Anche questa spiegazione, sebbene più ampia della precedente, si mostra insufficiente.
La versione monetarista e quella keynesiana sono le principali teorie concorrenti. Il loro problema è che entrambe edificano la propria tesi ipotizzando una condizione di piena occupazione, ovvero di assenza di disoccupazione, che non ha validità concreta in quanto non si dà nella realtà, e ciò vuol dire che il fenomeno non dovrebbe affatto presentarsi in un regime di occupazione normale, in quanto l'eccesso di moneta o di domanda sarebbe qui equilibrato da una cospicua presenza di disoccupati che, una volta assunti, andrebbero a rimpolpare la produzione e l'offerta. Inoltre riconducono erroneamente l'intera questione a una cagione unitaria non tenendo in considerazione le ulteriori sorgenti inflattive. Ma se si desidera porre le basi per una politica di contenimento e di risoluzione del problema, giacché tale è appunto la presenza d'inflazione all'interno della società, occorre operare una chiarificazione.
Vi sono altri due modi in cui i prezzi dei prodotti possono subire un innalzamento: con l'aumento del valore del prodotto, cioè dei costi per la sua produzione - prezzi dei macchinari e delle materie prime, trasporti, salari, eccetera -, oppure con la diminuzione del valore della moneta, in caso di svalutazione. Va inoltre considerata sia una situazione di concorrenza di mercato, sia una situazione di oligopolio, sia una di monopolio, che influiscono diversamente sul rapporto tra la domanda e l'offerta: nel primo caso infatti i prezzi tenderanno sempre a ridursi, nel secondo tenderanno alla stabilità, ossia a salire e a scendere moderatamente permanendo entro un certo livello, e nell'ultimo a impennarsi. Infine, l'azione della finanza speculativa può influire, attraverso la compravendita di strumenti derivati over the counter, pesantemente sul rialzo dei prezzi.
Sintetizzando i vari elementi elencati si può azzardare una spiegazione che renda conto di tutte le cause in atto: l'origine dell'inflazione va individuata, in definitiva, in un aumento della domanda di merci e servizi, nonché di titoli derivati, all'interno di un sistema economico a bassa produttività aziendale, oppure in mancanza di concorrenza sul mercato dei beni, e in cui sussistano mercati finanziari non regolamentati.