martedì 6 agosto 2013

Elezione ...


Sistemi elettorali e suffragio universale


Ciò che contrassegna la democrazia rappresentativa è il sistema elettorale, mediante il quale i cittadini possono esercitare quel potere che da un secolo a questa parte gli è dato. Il presupposto è il suffragio universale, ovvero il diritto di voto per ogni cittadino che abbia raggiunto la maggiore età. Detto questo, bisogna in primo luogo riflettere su quale sia il miglior metodo elettivo, e in secondo luogo chiedersi in che modo un suffragio allargato e senza restrizioni possa avere ripercussioni positive sulla politica di un paese.

Due sono le tipologie di sistema elettorale: il maggioritario e il proporzionale, ma sono anche possibili strutture miste che amalgamino insieme entrambi i sistemi di votazione, come ad esempio avviene in Germania e in Giappone. Il sistema maggioritario, in vigore in paesi quali Canada, Stati Uniti, Gran Bretagna, India, Australia e Francia, prevede la suddivisione, salvo casi speciali, del territorio in collegi elettorali uninominali (in cui viene eletto un solo candidato), tanti quanti sono i seggi parlamentari da assegnare; in ogni collegio il candidato è scelto a maggioranza relativa oppure assoluta, e pertanto si avrà, rispettivamente, uno o due turni di votazione. Il governo spetta invece, o al candidato del partito che abbia così ottenuto la maggioranza dei seggi, o al candidato vincitore di una separata elezione. Il sistema proporzionale, in vigore in Brasile, Spagna, Italia, Svizzera, Paesi Bassi, Scandinavia, Russia e altri, si basa sull'uso di una o più circoscrizioni plurinominali, nelle quali vengono presentate, da parte dei partiti, liste aperte o chiuse di candidati che saranno poi votate dagli elettori; i seggi parlamentari risultano qui ripartiti in proporzione alla percentuale di voti ottenuti e il governo è assegnato alla coalizione maggiore.
Il sistema maggioritario possiede, in genere, i vantaggi derivanti da una forte solidità dell'esecutivo, il che corrisponde a una maggiore governabilità - ad esso si associa infatti, di norma, il bipolarismo. Tuttavia può accadere che il partito e il candidato ai quali è affidato il governo non siano quelli che hanno ricevuto i voti della maggioranza dei cittadini. Può addirittura accadere che un partito e un candidato eletti si trovino a dover governare assieme a camere parlamentari nelle quali la maggioranza è in mano alle opposizioni, e ciò si traduce inevitabilmente in uno stallo. Altro problema non tralasciabile è la mancanza di rappresentanza effettiva per ampi strati della popolazione in un modello bipolare, tanto più se bipartitico. A tutto ciò si aggiunge la difficile correggibilità del sistema in sé, che non può essere reso più democratico.
Diverso è il caso del sistema proporzionale, che ha appunto il vantaggio della democraticità, in quanto la quasi totalità della popolazione risulta essere rappresentata in parlamento, e il governo è assegnato ai partiti e ai candidati votati dalla maggioranza reale dei cittadini. Inoltre, nei sistemi del genere solitamente si possono apportare, e si apportano, correzioni come la soglia di sbarramento e il premio di maggioranza per ovviare agli inconvenienti dell'eccessiva frammentazione partitica e della possibile instabilità dell'esecutivo. Unico difetto, se tale si può definire, è l'obbligo per il partito e il candidato che abbiano ricevuto il maggior numero di voti di coalizzarsi con altre formazioni in vista dell'ottenimento della maggioranza alle camere, cosa che implica il dover conciliare il proprio programma elettorale con quello delle altre formazioni, mediando tra le loro richieste. Quest'obbligo ha però anche il merito di incoraggiare il governante ad acquisire una maggiore abilità e intelligenza nelle questioni politiche. 
Appare allora evidente la superiorità del sistema elettorale proporzionale su quello maggioritario (con la sola eccezione della situazione italiana, in cui i diversi metodi d'assegnazione del premio di maggioranza - di un'ampiezza peraltro eccessiva - per ognuna delle due camere fanno sì che, se anche in una di queste si ottiene la maggioranza dei seggi, nell'altra non si è invece certi di ottenerla, con il conseguente rischio di ingovernabilità. Tale è l'anomalia nostrana, che non intacca il valore del sistema proporzionale).

Ora si può rispondere al secondo quesito che, all'inizio, è stato posto: davvero il suffragio universale fu un progresso per la politica? Se tutti i cittadini devono poter eleggere i propri rappresentanti, allora bisogna anche assicurarsi che essi possiedano un'indipendenza confacente, una buona cultura storica, una comprensione adeguata delle vicende politiche e un'opportuna visione d'insieme che gli permettano di votare non secondo una moda, né abbandonandosi all'intensità di un sentimento o impulso irrazionale destato da qualsivoglia personaggio carismatico, e neppure sotto l'influsso delle opinioni e dei pregiudizi di persone assieme alle quali si vive, o anche di una propaganda mediatica faziosa. E se così non fosse, allora la politica di un paese sarebbe più di tutto determinata da codesta serie di variabili, le quali possono facilmente concorrere contro quello che è il vantaggio pubblico e collettivo.