Disamina del fenomeno della compassione
Compassione,
ovvero condividere una passione; compatire, ossia patire insieme a
qualcuno. Con tali parole indichiamo un sentimento che sorge nell'animo
dell'uomo quando egli scorge, nell'aspetto altrui, i segni della
sofferenza e dell'afflizione. Non appena compaia alla percezione, e
primariamente alla vista e all'udito, il dolore di un essere, sia esso
dolore di tipo fisico oppure di tipo psichico - quel dolore che deforma
le pieghe del corpo e dell'anima martoriandoli impietoso sino al limite
della sopportazione - ecco che allora anche il percipiente s'immagina di
esperire il medesimo stato, e pertanto vien preso dall'angoscia e
diviene così partecipe, in sé, del dolore dell'altro. Si tratta di un
fenomeno spontaneo, involontario: dunque di un fenomeno naturale, il
quale è spesso seguito, se abbastanza intenso, da una opportuna azione
di assistenza nei confronti del bisognoso.
Cotale
dono - giacché con ciò invero si ha a che fare, con un dare, un
concedere qualcosa nel limite delle proprie possibilità - non può dirsi
un dono totalmente gratuito, né tale azione un'azione integralmente
altruistica: anch'essi, il dono e l'azione in questione, muovono
da una forma di egoismo, e precisamente dal voler liberarsi di quella
situazione penosa condivisa, dal voler pacificare in tal modo la propria
coscienza morale attraverso l'esecuzione di un dovere che non sempre
coincide con un piacere, dal voler evitare o scacciar via il senso di
colpa che deriva o deriverebbe dal caso di un mancato intervento.
Senonché si ha qui a che fare con una forma di sano egoismo, di contro
alle forme di egoismo malsano, quali sono, per esempio, il cinico
disinteressarsi e fregarsene le mani, e il sorvolare sulla
condizione di miseria esperita pascendosi nella propria indifferenza.
Vi
è chi crede o ha creduto (e, parimenti, chi crederà) che il sentimento
di compassione (e, con esso, l'opera pietosa) sia oltremodo dannoso:
dannoso per sé stessi in quanto distoglie l'attenzione dall'esistenza
del proprio Io verso l'esistenza di un qualsiasi non-Io, e di
conseguenza fa sì che si rivolga a questo le cure che
dovrebbero essere elargite primariamente o addirittura esclusivamente
a quello; dannoso per gli altri in quanto offende l'orgoglio e il pudore
del compatito aggiungendo lui una ulteriore ferita e lasciandolo nella
vergogna di dover essere stato aiutato, cioè di non aver avuto la forza
di aiutarsi da sé, e di aver dovuto esporre la propria intima debolezza
per giustificare quell'ausilio richiesto o non richiesto. Può accadere, a
questo proposito, che l'uomo che nella sua impotenza subisce il
compatire possa anche non desiderare affatto l'ausilio altrui, e quindi
possa trovarsi ad essere assistito contro la propria volontà, il che
farebbe nascere in lui sdegno e rabbia e ingratitudine, oltre a
esacerbare l'impotenza stessa che è causa principale della sua pena.
Ma
se si osserva il fenomeno da una posizione più alta, si può comprendere
che: ciò che si mostra come spontaneo e naturale, ciò che avviene
nella propria interiorità senza il concorso del volere consapevole, è
anche qualcosa di necessario. Ma ciò che è necessario, da un lato, non
può essere contrastato nel suo presentarsi, dall'altro, genera infelicità se vien represso una volta che si sia presentato;
ciò che dona un aiuto, se l'aiutato lo richiede o se, pure non
richiedendolo, manifesta di averne bisogno, allevia o addirittura fa
cessare la sofferenza e l'afflizione proprie e altrui. L'alleviamento o
la cessazione dei patimenti, però, risultano essere evidentemente
benefici per sé stessi come pure per gli altri; l'assistenza pietosa, se
rende felici e se porta il bene, non può che unire, introducendo una comunanza d'amore, coloro che prima erano divisi. Il compatente e il
compatito infatti ora condividono una passione e un debito reciproco, i
quali li legano indissolubilmente l'uno all'altro.
Compatire
è, esattamente e in senso proprio, un rafforzarsi vicendevole per cui un
soggetto accorda parte della propria energia a un altro soggetto, affinché
entrambi possano acquietare sé stessi e trascorrere una vita più paga.