martedì 15 aprile 2014

Beneficenza ...


Disamina del fenomeno della compassione


Compassione, ovvero condividere una passione; compatire, ossia patire insieme a qualcuno. Con tali parole indichiamo un sentimento che sorge nell'animo dell'uomo quando egli scorge, nell'aspetto altrui, i segni della sofferenza e dell'afflizione. Non appena compaia alla percezione, e primariamente alla vista e all'udito, il dolore di un essere, sia esso dolore di tipo fisico oppure di tipo psichico - quel dolore che deforma le pieghe del corpo e dell'anima martoriandoli impietoso sino al limite della sopportazione - ecco che allora anche il percipiente s'immagina di esperire il medesimo stato, e pertanto vien preso dall'angoscia e diviene così partecipe, in sé, del dolore dell'altro. Si tratta di un fenomeno spontaneo, involontario: dunque di un fenomeno naturale, il quale è spesso seguito, se abbastanza intenso, da una opportuna azione di assistenza nei confronti del bisognoso. 
Cotale dono - giacché con ciò invero si ha a che fare, con un dare, un concedere qualcosa nel limite delle proprie possibilità - non può dirsi un dono totalmente gratuito, né tale azione un'azione integralmente altruistica: anch'essi, il dono e l'azione in questione, muovono da una forma di egoismo, e precisamente dal voler liberarsi di quella situazione penosa condivisa, dal voler pacificare in tal modo la propria coscienza morale attraverso l'esecuzione di un dovere che non sempre coincide con un piacere, dal voler evitare o scacciar via il senso di colpa che deriva o deriverebbe dal caso di un mancato intervento. Senonché si ha qui a che fare con una forma di sano egoismo, di contro alle forme di egoismo malsano, quali sono, per esempio, il cinico disinteressarsi e fregarsene le mani, e il sorvolare sulla condizione di miseria esperita pascendosi nella propria indifferenza.
Vi è chi crede o ha creduto (e, parimenti, chi crederà) che il sentimento di compassione (e, con esso, l'opera pietosa) sia oltremodo dannoso: dannoso per sé stessi in quanto distoglie l'attenzione dall'esistenza del proprio Io verso l'esistenza di un qualsiasi non-Io, e di conseguenza fa sì che si rivolga a questo le cure che dovrebbero essere elargite primariamente o addirittura esclusivamente a quello; dannoso per gli altri in quanto offende l'orgoglio e il pudore del compatito aggiungendo lui una ulteriore ferita e lasciandolo nella vergogna di dover essere stato aiutato, cioè di non aver avuto la forza di aiutarsi da sé, e di aver dovuto esporre la propria intima debolezza per giustificare quell'ausilio richiesto o non richiesto. Può accadere, a questo proposito, che l'uomo che nella sua impotenza subisce il compatire possa anche non desiderare affatto l'ausilio altrui, e quindi possa trovarsi ad essere assistito contro la propria volontà, il che farebbe nascere in lui sdegno e rabbia e ingratitudine, oltre a esacerbare l'impotenza stessa che è causa principale della sua pena.
Ma se si osserva il fenomeno da una posizione più alta, si può comprendere che: ciò che si mostra come spontaneo e naturale, ciò che avviene nella propria interiorità senza il concorso del volere consapevole, è anche qualcosa di necessario. Ma ciò che è necessario, da un lato, non può essere contrastato nel suo presentarsi, dall'altro, genera infelicità se vien represso una volta che si sia presentato; ciò che dona un aiuto, se l'aiutato lo richiede o se, pure non richiedendolo, manifesta di averne bisogno, allevia o addirittura fa cessare la sofferenza e l'afflizione proprie e altrui. L'alleviamento o la cessazione dei patimenti, però, risultano essere evidentemente benefici per sé stessi come pure per gli altri; l'assistenza pietosa, se rende felici e se porta il bene, non può che unire, introducendo una comunanza d'amore, coloro che prima erano divisi. Il compatente e il compatito infatti ora condividono una passione e un debito reciproco, i quali li legano indissolubilmente l'uno all'altro. 
Compatire è, esattamente e in senso proprio, un rafforzarsi vicendevole per cui un soggetto accorda parte della propria energia a un altro soggetto, affinché entrambi possano acquietare sé stessi e trascorrere una vita più paga.